Nelle loro botteghe, autentici laboratori di arte e genialità, gli artigiani ruotavano in un microcosmo fatto di leggende, folklore, ombre, pensieri, sacrifici e tradizioni, che essi tramandavano di padre in figlio, come preziosi e permanenti ideali.
Era una donna che trasformava una massa informe di batuffoli di lana in un filo da lavorare, al fine di ricavarne coperte, maglie, mutande, calze, ecc.
Aveva un’ottima preparazione manuale, spesso tramandata da madre in figlia, e dedicava all’attività del filare gran parte della sua giornata.
Soprattutto nei periodi di carestia e di guerra, filava davanti al focolare fino a notte tardi.
Spesso provvedeva prima a scucire i vecchi indumenti in maglia ormai inservibili, e poi utilizzava quei fili di lana per fare dei nuovi indumenti necessari al mantenimento decoroso della sua famiglia
Signori, questa è la Filatrice
La Storia
La lana è stata per millenni un elemento indispensabile alla sopravvivenza, era considerata l’”oro bianco”.
La storia del filare risale a epoche remote e si perde nella notte dei tempi.
I cinesi ne attribuivano l’invenzione al leggendario imperatore Yahoo 2324 A.C.- 2206 A.C.
Gli egizi a Iside, la dea della maternità e della fertilità. Nelle tombe egiziane su antichissimi vasi orientali si trovano disegnate figure femminile in atto di filare col fuso.
I Greci attribuivano la maternità del filare ad Atena, la dea della sapienza e delle arti.
Ricordiamo a tal proposito il Mito delle tre Parche , le tre divinità che presiedevano al destino dell’uomo: Cloto, Lachesi e Atropo
Cloto la filatrice aveva il compito di svolgere il filo della vita
Lachesi distribuiva a ciascun individuo la parte di filo che gli spettava dalla sorte, avvolgendolo nel fuso.
E infine, Atropo che era pronta a metter fine alla vita, tagliato il filo al momento stabilito della sorte.
In epoca romana il filare aveva sempre più importanza: era una delle attività per eccellenza della donna. Famosa l’espressione latina “lanam fecit lavoro” citata anche nelle epigrafi funerarie per indicarne le virtù domestiche. Spesso rocche e fusi erano inseriti anche nei corredi funerari!
Dal terzo millennio A.C. la filatura mediante rocca e fuso era praticata e diffusa in molte parti del mondo
La Lavorazione
Il fuso era costituito da un fusto di varia forma un centimetro di diametro ed una lunghezza di circa 30 cm recante nella punta superiore un piccolo ingrossamento cocca al quale si fissava il filo che usciva dalla Conocchia.
Era generalmente di legno, come attestato da numerosi ritrovamenti in molte tombe dell’Antico Egitto. La Conocchia o Rocca era lo strumento sul quale la filatrice disponeva il materiale per averlo sempre a portata di mano.
La struttura era costituita da un bastone di legno con una gabbietta posizionata in alto nella quale si metteva la massa del filato.
Prima di arrivare al fuso, la lana doveva passare una lunga trafila.
La lana, prima fibra tessile utilizzata dall’uomo, veniva lavava più volte, la si faceva asciugare a lungo prima di passare alla cardatura. Queste operazioni erano necessarie per liberarla dalle impurità.
La cardatura veniva fatta esclusivamente a mano con i suoi cosiddetti cardaci: due asticelle di legno dotate di impugnatura irta di chiodi la fregatura di uno contro l’altra con in mezzo alla massa di fibre provvedeva a districare le fibre stesse.
Quando finalmente la lana era diventata gonfia e soffice, allora poteva essere utilizzata.
E proprio allora la filatrice cominciava a tirare dalla conocchia una piccola quantità di materia da filare.
La rotolava con le dita e la fissava l’estremità superiore del fuso mediante un nodo scorsoio, prendeva poi il fuso e gli imprimeva un movimento rotatorio.
Contemporaneamente tirava dal pennacchio altre fibre e le attorcigliava con le dita, bagnandole di tanto in tanto con la saliva per rendere il filo più compatto.
Ripeteva l’operazione numerose volte.
Quando il fuso toccava terra la filatrice lo sollevava col pollice disfaceva il nodo scorsoio, avvolgeva intorno al fuso il tratto di filo prodotto, e vi fissava di nuovo l’estremità alla sommità del fuso con un nodo uguale al precedente
Quando il fuso era pieno di filato, il filo veniva staccato è avvolto attorno ad un Rocchetto.
Ripeteva queste operazioni numerose volte
Le operazioni necessitavano di molta pazienza e soprattutto molta attenzione per la riuscita del prodotto
La filatrice bagnava sufficientemente secondo il bisogno la materia da filare, ma allo stesso tempo non doveva torcer né troppo né troppo poco, al fine di togliere eventuali impurità e fare il minor numero possibile di nodi.
Curiosità
Faceva parte della cultura contadina che un giovane regalassi alla promessa sposa una Conocchia che non lo facesse sfigurare incidendo le iniziali del nome della fanciulla di cui era innamorato. Spesso costruiva la conocchia con le proprie mani
Rimangono ancora risposte in qualche angolo di casa Conocchia, intagliate alla sommità, recanti statuine dallo straordinario profilo, alcune delle quali fanno venire in mente le idee della fecondità degli antichi miti classici.
Recuperare e lavorare la nostra lana è anche un riappropriarsi della nostra cultura e del nostro sapere, oltre che della nostra storia. Ed è recuperare anche una manualità che sta andando perduta irrimediabilmente
L’artigiano, attraverso la sua arte, prende coscienza della propria umanità, autenticità ed unicità.
E la mantiene con la dignità di un uomo, e non come solamente ingranaggio di un sistema.

Giuseppe di SSE
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