Una storia di polvere e sacrificio, vissuta nel solco di una dignità che mai è venuta a mancare…
Tra le materie prime, una sola in Calabria non è mai venuta a mancare: è il legno. Da fonti storiche antichissime (Dionigi di Alicarnasso, Strabone), sappiamo che il legno delle foreste della Sila e dell’Aspromonte venne utilizzato, dai Greci prima e dai Romani poi, per la costruzione di case e di navi e per la fabbricazione di remi, lance, armi, ecc.
L’artigianato del legno ha ancora oggi connotazioni di fortissima originalità, a cominciare da una delle sue forme più particolari, quella delle sedie impagliate.
Tracce di storia
Il borgo di Serrastretta è stato fondato attorno al XIII secolo da 5 famiglie di Scigliano, che sfuggirono alle persecuzioni del feudatario del paese trovando rifugio in questo luogo ameno e lussureggiante di vegetazione. Il nome “Serrastretta” sembra sia stato attribuito dagli abitanti di Taverna, il significato è dato dal fatto che il capoluogo è stretto da due montagne dette “Serre”. La maggior parte delle attività del borgo catanzerese si basano sulla lavorazione artigianale del legno che da sempre mette Serrastretta al primo posto, nel meridione, per la produzione di sedie. La sedia per Serrastretta ha da sempre avuto una valenza importante per l’economia del Paese e agli inizi del ‘900 esistevano due Cooperative dei Sediari dove ogni maestro artigiano era specializzato in una determinata fase della filiera produttiva.
I “mastri seggiari”
I “seggiari” di Serrastretta (CZ), maestri nel costruire le sedie impagliate, continuano a lavorare secondo un’antica tradizione, fabbricando con estrema cura i telai e preparando l’impagliatura intrecciando, con attenzione e amore del particolare, i fili di “vuda”, una pianta che cresce solo in prossimità delle paludi e che, purtroppo, sta diventando sempre più rara. Adeguatamente trattata, la “vuda” fornisce un filo di grosso spessore che, sapientemente maneggiato, consente l’esecuzione di disegni molto complessi.
All’interno del Museo della civiltà contadina di Serrastretta, sono presenti gli attrezzi da lavoro utilizzati per la costruzione delle sedie. In particolare, viene dimostrato come si realizzava la struttura della sedia, attraverso il cosiddetto “Vancu“, un tronco di legno squadrato poggiato su quattro piedi, dove il sediaio, o seggiolaio, riusciva a lavorare il legno, bloccandolo anche con i piedi.
Di conseguenza nella bottega del sediaio veniva prodotta anche l’impagliatura, dopo che i maestri artigiani avevano finito di costruire la struttura della sedia. Era un compito prettamente femminile che spettava alle famose ‘mbudatrici, uniche a saper intrecciare la vuda, o paglia di fiume, un’erba palustre molto tagliente e che doveva esser bagnata prima di essere lavorata. La vicinanza di Serrastretta al Fiume Amato ha contribuito alla raccolta di prima qualità della vuda. L’impagliatura poteva essere di due modi: intrecciata o simpia. Il tocco finale erano poi le bellissime lavorazioni tradizionali serrastrettesi sulla spalliera che raffigurano disegni astratti, sacri e divini.
Curiosità
Il modello preferito in assoluto è quello della sedia “13”, una delle più famose e conosciute: è chiamata così perchè era la tredicesima sedia nel catologo della Cooperativa dei Sediari. Alla “13” seguiva la sua variante “13 bis“, anch’essa molto conosciuta come sedia tradizionale di Serrastretta, che aveva dei bastoncini rotondi sulla spalliera.
Il legno maggiormente utilizzato per produrre le sedie serrastrettesi è il Faggio che anticamente veniva ricavato dalla faggeta comunale. Ad oggi sono solo due gli artigiani che producono ancora interamente a mano le sedie poiché le altre aziende hanno puntato di più sulla quantità sfruttando le nuove tecnologie.

Domenico di SSE
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